Le zone agricole Maremmane odierne sono totalmente diverse da quelle di 200 anni fa e anche l’agricoltura ha subito diverse trasformazioni
e non solo nelle tecniche di lavorazione ma anche nell’allevamento del bestiame.
Una volta terminate le opere di bonifica la Maremma si presentava con enormi distese di terra appartenenti a pochi proprietari i quali gestivano i latifondi con l’ausilio del mezzadro. Ogni latifondo era suddiviso in aree più o meno grandi che venivano affidate a contadini. La testimonianza odierna è data dai caseggiati in genere in pietra o anche intonacati che nulla hanno a vedere con la tipologia dei caseggiati denominati dell’Ente Maremma, e in alcuni di essi furono utilizzati come scuole o come centri di aggregazione per le feste.
Proprio la Riforma dell’Ente Maremma modificò ulteriormente il paesaggio agrario e dal 1951 nacque un’agricoltura più intensiva frazionando i grandi latifondi in centinaia di poderi che vennero dati in proprietà ai contadini, favorendo la nascita di piccole imprese di coltivatori diretti in tutto il territorio maremmano. La progettualità era semplice : definire dei lotti di terreni con simili peculiarità in modo da garantire un reddito e realizzarvi sopra un fabbricato su due piani, un forno e una porcilaia, tutti con lo stesso schema costruttivo. Il fabbricato era adibito al primo piano (accedendovi tramite scalate esterna) ad abitazione 2 camere un bagno e un salone cucina, mentre al piano terra c’era la stalla dei bovini.
Nacquero anche degli agglomerati di case che raccoglievano più famiglie tipo Borgata S. Rita e S. Antonio a Arcille o “centri” denominati A-B-ecc nella zona della bassa toscana Alto Lazio. Inoltre furono creati dei luoghi di aggregazioni sociale nei quali era presente la scuola, la chiesa, il bar tipo Polverosa, San Donato, Cupi, alcuni di essi tipo Marsiliana e Borgo Carige hanno poi visto crescere intorno un piccolo paese e adesso si trovano ad essere delle frazioni dei rispettivi Comuni ( Manciano e Capalbio)